L’Arcadia in Brenta, Venezia, Fenzo, 1752 (Este)

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO che dorme sopra una poltrona in veste da camera e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella,
 il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto.
5Con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar son imbrogliato.
 Orsù lo vuo’ svegliar. Già s’alza il sole;
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che verranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio.
 Svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole.
 V’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sapiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì, dorme di gusto.
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Già.
 FORESTO
                                              M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso.
 Tornate a dir.
 FORESTO
                            Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
35Voi avete timor ch’io m’addormenti,
 pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò; via parlate. (S’alza e si accosta bel bello al poggio della poltrona)
 FORESTO
 Ora, signor, sapiate
 che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Ch’io
40non so più cosa far, (S’addormenta Fabrizio) che oggi s’aspetta
 nuova forestieria...
 E buonanotte di vosignoria.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio...
 Signor Fabrizio... (Più forte)
 FABRIZIO
                                    Che! Come!
 FORESTO
                                                            Voi siete
45impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua. (Lo prende per la mano e lo tien forte)
 FABRIZIO
                          Son qua.
 FORESTO
                                             Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
 che vi vuol del dinaro.
 FABRIZIO
50Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò,
 per supplire l’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
55Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti,
 che mangian tanto fieno,
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì. (S’appoggia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                         La carrozza?
 FABRIZIO
 La carroz... za... (S’addormenta)
 FORESTO
                                Ed io non sono pazzo
60di volervi servir per matarazzo.
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
 che se non v’è denar l’Arcadia vostra
 è presto terminata
65e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
 fate quel che fanno tanti.
70Impegnate e poi vendete;
 e se robba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
 e si gode all’altrui spalle
75ed aspett’il creditor.
 
    Questa regola è diffusa,
 da per tuto già si usa.
 Ed è segno ch’ha del credito,
 quando un uomo è debitor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
80Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
 son già stato graziato, il dover mio
85vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi vi son quelle ragazze
 che mi piacciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
 Ma diavolo si spende
90troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fora un foglio ed una penna da lapis)
 
    Quattrocento bei ducati...
95poverini, sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati, poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
 Cento scudi... oh bestiale!
100Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
 Basta, il conto è bello e fatto,
105perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Giardino che termina al fiume Brenta.
 
 ROSANA, LAURA, GIACINTO e FORESTO, sopra sedili erbosi, poi FABRIZIO
 
 CORO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel contento
 degli augellin canori!
110Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
115quell’onde sussurar!
 
 GIACINTO
 Belissima Rosana,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 ROSANA
 Anzi mi fate onore
120e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Laureta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi, così mi piace.
125Voi quattro in buona pace
 state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                          Io sederei
 qui volentieri un poco,
130s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta, aspetta).
135Amico una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                     E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Un capo storno!
 FORESTO
 Dell’arsan?
 FABRIZIO
                               Io!
 FORESTO
                                       Lauretta, adesso torno. (S’alza)
 Eccomi, ov’è il denaro?
 FABRIZIO
140Aspettate un momento.
 Passeggiate un tantino ed io mi sento. (Sede nel loco del Foresto)
 Ah, ah te l’ho ficcata.
 Oh questa sì ch’è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
145Patienza, me l’hai fatta;
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (S’alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
150Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Il padrone di casa?
 LAURA
                                      Che padrone!
155Questa casa ch’è qui non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore;
 e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite!
 LAURA
160Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
165che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
170   Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
175perché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio
 siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato,
180non dirò più.
 
    L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
185Un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA, GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
190Se commanda seder, si serva pure.
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella. (Contrafacendo Fabrizio)
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi? Pensate.
195Sete l’amico mio più fido e caro.
 Ma se manca il denaro,
 vi giuro in fede mia
 che tutti se n’andiamo in compagnia. (Parte)
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia.
200Ma, signora Rosana,
 che dite voi, che dite voi, Giacinto,
 del parlar di Lauretta!
 GIACINTO
                                           E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso,
205cospetton di Bacco,
 se me n’ha dette un sacco!
 ROSANA
 Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno.
 La femina talora
210scaltra finge d’odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che m’ami
 e così mi strappazzi?
 ROSANA
                                         Io ve lo giuro,
 statene per sicuro.
 Più volte l’amor suo m’ha confidato.
215Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amor indiavolato!
 GIACINTO
 È ver? (Piano a Rosana)
 ROSANA
                 (Mi prendo spasso). (A Giacinto)
 Sapete la cagione (A Fabrizio)
 ch’or la rese furiosa?
 Perché di me gelosa.
 FABRIZIO
                                        Or la capisco.
220Ma che motivo ha mai
 d’ingelosir di voi?
 ROSANA
                                    Gli affetti miei
 ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur mi amate?
 ROSANA
 Purtroppo è ver.
 FABRIZIO
                                 Bellezze fortunate. (Toccandosi il viso)
225Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
 Io non sono sì matto,
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
230   D’un amante è gran follia
 impazzir per gelosia,
 s’una donna è di me stanca,
 non mi manca altra beltà.
 
    Per la donna chi s’affanna,
235chi s’adira assai s’inganna,
 già si sa che invan si spera
 una vera fedeltà.
 
 SCENA V
 
 ROSANA e FABRIZIO
 
 FABRIZIO
 Dunque, se voi mi amate,
 discorriamola un poco.
 ROSANA
240Ma Laura sarà poi meco sdegnata.
 FABRIZIO
 Io non vuo’ quella donna indiavolata.
 ROSANA
 L’amicizia, il dover non lo permette.
 FABRIZIO
 Amor non vuol riguardi,
 aggiustiamo le cose infra di noi
245e lasciate che poi Lauretta dica.
 ROSANA
 V’amo ma non vogl’io tradir l’amica.
 FABRIZIO
 Oh caro il mio tesoro,
 già spasimo, già moro. (S’accosta)
 ROSANA
 Olà signor Fabrizio,
250più rispetto vi dico e più giudizio.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi un servo che non parla
 
 FABRIZIO
 Rosana mi vuol bene e mi discaccia;
 Laura mi porta affetto e mi strappazza.
 Io non so di che razza
 siano cotesti amori.
255Se le ninfe e i pastori
 s’innamoran così son tutti matti,
 questo sembra un amor tra cani e gatti.
 Chi? Madama Lindora?
 Dille che venga tosto e non si penta,
260che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
 di conoscermi brama?
 Fosse di me invaghita! Allora sì
 che queste due ragazze
265farei di gelosia diventar pazze.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA con due braccieri
 
 LINDORA
 Come non v’è nessuno
 che mi venga a incontrar? Dov’è il padrone?
 FABRIZIO
 Vi prego in ginocchione
 perdonar se ho tardato.
 LINDORA
270Il padrone di casa è un malcreato.
 FABRIZIO
 Il padrone son io.
 LINDORA
 Oh scusi padron mio,
 detto ho così per gioco,
 gli dimando perdon se ho detto poco.
 FABRIZIO
275Che serve, un’altra volta
 meglio si porterà.
 LINDORA
 Guardate per pietà
 che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
280L’odor non è cattivo, faccia grazia. (Li dà da odorare)
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia!
 LINDORA
 Maledetto giardino,
 ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via!
 LINDORA
                                         Sì fate presto.
 FABRIZIO
285Vattene o brutto vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
 LINDORA
 È lei signor Fabrizio?
 FABRIZIO
                                          Sì signora.
 LINDORA
 È questo il suo casino?
 FABRIZIO
                                            Quest’è il casino
 ove ogn’anno io villeggio.
 LINDORA
                                                Oibò, che robba?
290Non si può far di peggio.
 FABRIZIO
 Se mai non le piacesse, ella è padrona
 d’andar quando le pare.
 LINDORA
 No no non voglio fare
 questo gran torto al mio signor Fabrizio.
295Resterò e vi farò questo servizio.
 FABRIZIO
 Obbligato da vero; ma se mai
 se ne volesse andar...
 LINDORA
                                         Dite, ove sono
 l’arcadi pastorelle?
 FABRIZIO
                                     Io non lo so.
 LINDORA
 Non importa signor, le cercherò.
 FABRIZIO
300Commanda ch’io la servi?
 LINDORA
                                                  Obbligatissima.
 Voi siete un po’ vecchieto,
 io voglio che mi serva un giovinetto.
 FABRIZIO
 Adunque io son vecchio?
 Perché viene da me?
 LINDORA
                                         Per tormi spasso.
 FABRIZIO
305Spasso de’ fatti miei?
 LINDORA
                                          No bel visino,
 no, di voi non mi burlo, anzi vi stimo.
 Vi lodo, vi professo obbligazione
 e vi dico che siete...
 FABRIZIO
                                      Un bel minchione.
 LINDORA
 Non dicevo così.
 FABRIZIO
                                 Ma io lo dico.
 LINDORA
310Quando lo dice lei, non contradico.
 FABRIZIO
 Ma vada, non conviene
 una donna di spirto come lei
 perdere il tempo suo co’ pari miei.
 LINDORA
 Voi siete un bel spirto,
315voi siete della Brenta il primo onore,
 d’Arcadia il gran pastore
 siete signor Fabrizio,
 senza diffetto alcun.
 FABRIZIO
                                       Senza giudicio.
 LINDORA
 Eh, che dite?
 FABRIZIO
                           Conosco il merto mio.
 LINDORA
320Quando lo dite voi lo dico anch’io.
 FABRIZIO
 Dunque?
 LINDORA
                     Dunque men vado
 a ritrovar le belle
 di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
    Riverente a lei m’inchino.
325Ehi, braccieri; qua la mano,
 venga presto... Andate piano,
 venga poi... Non mi stroppiate,
 correr troppo voi mi fate.
 Mi vien mal, non posso più.
 
330   Via bel bello, andiamo avanti,
 le son serva, addio monsù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi il servo
 
 FABRIZIO
 Oh questa sì ch’è bella,
 vuol per forza restare e mi strapaza;
 quest’è di quella raza
335di gente che vuol dire e che vuol fare
 e dove mette il piè vuol comandare.
 Ma cresce la brigata
 e il denar va mancando; e la carrozza
 sarà venduta ed i cavalli ancora.
340Pazienza, almen ho il gusto
 di veder due ragazze innamorate
 che per me tutte due son spasimate.
 Oh diavolo! Che dici? (Al servo)
 Viene il conte Bellezza? Venga, venga,
345giacché alla casa s’ha da veder il fondo,
 venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
 Poh, che gran signorone,
 costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
350che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
 l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
 La fama ha publicato
355i pregi vostri con eroica tromba;
 l’eco intorno rimbomba
 il nome alto e sovranno
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
360Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei ladroni.
 CONTE
365Ah mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
 prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
370S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando.
 Veggo più, veggo molto
 in quell’amabil volto
375che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so.
 Per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
380Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col mutto favellar va rispondendo.
 Ed io, che tutto intendo,
 il genio suo comprendo.
385Ella vuol favorirmi ed io m’arrendo
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore,
390cerimonie non fo, son di buon cuore.
 CONTE
 Viva il buon cuor. Anch’io l’affettazione
 odio nelle persone,
 parlar mi piace natural affatto.
 Perciò dal seno estratto
395il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale
 parla ben, non v’è male.
 CONTE
 La provida natura
400prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
405accettarò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio,
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L’esuberanza,
410anzi l’esorbitanza
 delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio.
 FABRIZIO
415Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    No s’adiri di grazia, ch’io taccio,
 non vo’ darli più noia né impaccio,
 bramo solo... Sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo, credetelo a me.
 
420   Ma tal pena chi può mai soffrire?
 Io star cheto? Mi sento morire.
 Signor caro... ho finito in mia fé.
 
 SCENA X
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
425E viva l’allegria. Corpo del diavolo,
 quand’io mi divertisco
 proprio ringiovenisco.
 E quelle ragazzette,
 quanto sono carette!
430Per passare con esse i giorni miei,
 cospetto... non so dir cosa farei. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Madama LINDORA, poi il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Rosana,
 dove mai sono?
 Vorrei seder un poco.
435Chi è di là? V’è nessuno?
 IL CONTE
 Madam, vi son io.
 LINDORA
 Da sedere... Oh perdoni;
 non l’avevo veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto. (Gli dà la sedia)
440S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
 perché degno mi fe’ di suo commando.
 LINDORA
 Ma chi è lei mio signore?
 CONTE
 Son il conte Bellezza.
445Un vostro servitore,
 obbligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle bacciar la bianca mano.
 LINDORA
450Ahi!
 CONTE
            Cos’è stato?
 LINDORA
 Voi m’avete toccato
 con troppa confidenza,
 questa con le mie pari è un’insolenza!
 CONTE
 Leggierissimamente
455alzo la lattea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
 No no, che se mi tocca
 l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svenimento.
 CONTE
460Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete;
 siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
 (Rider mi fa).
 CONTE
                             Prostrato,
 mia bella, al vostro piede,
465vi domando pietà, grazia, mercede.
 LINDORA
 Via, prendete la mano.
 CONTE
 Cara man...
 LINDORA
                         Piano, piano.
 CONTE
 Ancor non l’ho toccata.
 LINDORA
 L’avete con il fiato un po’ alterata.
 CONTE
470Andrò cauto anche in questo.
 Lasciate...
 LINDORA
                      (Son stanca).
 CONTE
 Riposate la man sovra il mio braccio.
 LINDORA
 Che ruvido pannaccio!
 CONTE
 Vi porrò il fazzoletto.
 LINDORA
475Non mi par molto netto.
 CONTE
 Dunque che far dovrò?
 LINDORA
 Non saprei.
 CONTE
                         Ah madama io morirò.
 LINDORA
 Vi vorrei compiacer ma non vorrei
 che la mia compassione...
 CONTE
480Trovata ho una invenzione
 che non vi spiacerà. La bella mano
 alzate da voi stessa
 e mentre ella s’appressa al labro mio
 il labbro inchino e me gl’accosto anch’io.
 LINDORA
485Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie al cielo, al fato;
 generosa madama, io son beato,
 eccomi, alzate un poco.
 Ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Non mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate
490per un momento solo.
 
 SCENA XII
 
 FABRIZIO, FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
 Ancor io ma di core.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
495per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
 È gentilezza vostra,
 non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato v’abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
500Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
 Ah che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei.
 FORESTO
 A voi, principe degno,
505del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia vostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
 Andate, andate via, con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
510non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 CONTE
515Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
 (Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
520Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggierissima.
 LINDORA
 Questo, questo mi piace, obbligatissima.
 FORESTO
 Commanda? (Al conte)
 CONTE
                            Mi fa grazia. (Prende tabacco)
 FORESTO
 E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Prende anche lui)
 FORESTO
525Voglio rider di core,
 la stranutiglia vera
 li farà stranutar sino alla sera. (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE, FABRIZIO
 
530Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Forte)
 Ahi? Eccì. Ahi! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
 Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE
 
                        Alto. Eccì. (Stranuta)
 
 LINDORA
 
535Aiutatemi, eccì.
 
 IL CONTE, FABRIZIO
 
    Che tabacco, eccì, eccì.
 Maledetto, eccì, eccì.
 Che tormento che mi sento,
 più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
540   Via madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
 Aqua fresca per pietà. (S’alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
545Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
 V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia
550a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
    Vada, vada, eccì, eccì.
 Maledetto tabacaccio!
 
 CONTE
 
 Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
555Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Faccia grazia, eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo